Gino Severini
Espansione centrifuga di luce
Analisi dell’opera
Gino Severini, nato a Cortona nel 1883 e morto a Parigi nel 1966, ricevette a Roma, da Giacomo Balla, i primi insegnamenti di pittura divisionista. Dato il clima dell’arte italiana del tempo, era questa una lezione nuova, che lo portò a sviluppi ancora più complessi e rivoluzionari. Dal 1907, anno in cui si trasferì a Parigi, la sua pittura subì l’influenza prima del del puntinismo di Seurat, poi del cubismo; nel 1910, infine, Severini fu uno dei firmatari del manifesto futurista.
Stile dell’artista
In maniera autonoma Gino Severini arrivò all’idea di fondere in una stessa immagine impressioni provenienti da scene e ricordi diversi: nella nostra epoca di comunicazioni sempre più rapide, questo era il concetto, isolare un’immagine dall’altra significava falsarla. Nei «Ricordi di viaggio» del 1911 Severini parlava di una pittura di ricordo che riuniva in un solo insieme plastico delle realtà percepite in Toscana, sulle Alpi, ed a Parigi e aggiungeva: «Ormai nella nostra epoca di dinamismo e di simultaneità non si può separare una realtà qualunque da ricordi, affinità od avversioni plastiche che la sua azione espansiva evoca simultaneamente e che sono altrettante realtà astratte». Queste idee vennero poi approfondite nel 1913 nel suo scritto «Le analogie plastiche nel dinamismo», in cui spiegava come, ad esempio, il moto delle onde del mare ricordasse il ritmo di una ballerina «coperta di pagliette smaglianti» e come, quindi, l’essenza di queste due immagini potesse fondersi.
Espansione centrifuga di luce di Gino Severini
Analisi tecnica, per lo studio e la comprensione dell’opera
In quest’opera è evidente, nel titolo come nel complesso dell’immagine, la concezione tipica del futurismo, (guarda qui un riassunto del futurismo in arte) con la sua predilezione per il dinamismo della luce. I colori sono disposti in pennellate giustapposte, come nei quadri puntinisti, ma la grandezza di questi tocchi è assai maggiore che nelle opere di Seurat o di Signac. All’interno della complessa struttura della superficie pittorica le pennellate sono più o meno fitte, a seconda delle zone. In questo modo lo strato inferiore, più chiaro, traspare attraverso gli interstizi accrescendo l’impressione di luminosità e di movimento.
I tocchi di colore, in apparenza così simili a quelli dei puntinisti, creano in questo caso un effetto del tutto diverso. I colori non sono accostati per contrasto in ciascuna delle superfici in cui il quadro si distingue ma solo, e non sempre, per gradazione tonale. Questa gradazione è ottenuta sovrapponendo od impastando una pennellata di bianco o di un’altra tinta al colore del punto. Un altro modo per graduare i toni e per far vibrare la luce consiste nell’infittirsi o nel diradarsi delle pennellate: così l’immagine assomiglia ad una consistente nevicata di colori, in cui la luce si diffonde dal centro per arrivare, via via meno radiante, ai bordi della tela.
particolare 1.
Vediamo qui il lavoro fatto di pennellate consistenti, a tratti separate dal chiaro del fondo, a tratti sovrapposte in più strati, talvolta invece semplicemente schiarite da tocchi di bianco, impastate col colore sottostante.
particolare 2.
I colori chiari, luminosi, talvolta stridenti del centro del quadro, sono disposti in superfici che ricordano quelle di un prisma.