La Pop Art
La pop art emerse negli anni precedenti il 1960 tra numerose altre correnti artistiche che si contendevano in America, il dominio del mondo artistico e l’interesse del pubblico.
Tra queste ricordiamo lo spazialismo e l’Action Painting.
All’inizio, a causa di un discusso rapporto di filiazione con il dadaismo e il surrealismo, la pop art si era chiamata col termine «new dada».
La pop art utilizzava gli oggetti della produzione di massa. Questi oggetti erano o inseriti direttamente nell’opera, che assumeva così l’aspetto di un assemblaggio tridimensionale, o adoperati indirettamente, come nel caso dei fumetti e dei manifesti, di cui venivano riprodotti particolari enormemente ingranditi.
In Italia, il pubblico conobbe questa nuova corrente alla biennale di Venezia del 1964: la pop art, con una nettissima inversione, voltava le spalle all’astrazione per rivolgersi di nuovo agli oggetti.
Gli oggetti e il mondo della pop art
Gli oggetti della pop art, erano a volte privi di qualità estetiche, finanche di cattivo gusto. In effetti, ponendo un oggetto fuori dal suo contesto, non si voleva esaltare la sua bellezza, ma si voleva attirare su di esso l’attenzione: viviamo in una civiltà industriale, che produce manufatti in grande quantità e noi viviamo in mezzo ad essi, a volte senza accorgerci della loro presenza. La Pop Art ferma in singoli fotogrammi quello che nella realtà è un fluire ininterrotto di merci, tanto più inavvertito quanto più abbondante.
Gli artisti
Questa nuova tecnica ha dato risultati diversi, anche dal punto di vista estetico, secondo gli artisti che ne hanno fatto uso. Artisti come Robert Rauschenberg e Jasper Johns, rispettando delle regole d’arte, hanno mirato ad ottenere certi effetti di colore, mentre artisti pop «puri», non si sono fermati davanti al cattivo gusto anzi lo hanno utilizzato come categoria espressiva.
Parlando del contenuto, le impressioni che le opere di questi artisti trasmettono, vanno dall’accettazione di tale società, come nel caso di Red Grooms, alle rievocazioni in chiave ironica o nostalgica di Peter Blake. Possiamo proseguire citando ancora Lichtenstein che, oltre ai famosi ingrandimenti di fumetti, è stato autore di «rifacimenti» di opere d’arte famose, e Andy Warhol che con fredda oggettività, sembra esprimere, nell’ iterazione delle immagini, una possibile crisi del nostro modo di vivere.
In «Bandiera» di Jasper Johns sono da notare il senso di estraniazione, dovuto all’assenza di un contesto che inquadri l’immagine e l’effetto materico tipico della pittura tradizionale, non usato da altri artisti pop.
Elemento autobiografico e rievocazione, a volte bizzarra, nella scelta della tecnica d’esecuzione dei simboli di un recente passato.
In «The Car», Roy Lichtenstein non rappresenta l’interno della macchina ma la scena della storia a fumetti in cui i due personaggi sono rappresentati. I due volti ed altre parti chiare del quadro sono coperti da un fitto retino, che imita il retino tipografico.
Articoli simili: Il dadaismo